22 Novembre 2024
Buona idea

L’emergenza sanitaria e il D.O.P.O.

Foto tratta da Facebook

Pandemia e misure di emergenza sanitaria sono un problema di oggi, non ci piove. Ma quando tutto sarà finito (e speriamo finisca presto) lo scenario attuale rimarrà impresso come una cicatrice difficilmente cancellabile e sarà un inizio dal quale ripensare molte cose: dall’organizzazione del sistema sanitario ad un welfare prima d’oggi archiviato come categoria novecentesca. Nello scenario attuale, però, esistono già persone che si occupano del dopo e lo rendono “una piattaforma multidisciplinare di ricerca-azione dedicata ad individuare le migliori opportunità offerte dai diversi approcci concettuali (cioè orientati a dopo) per ripartire più forti dopo la pandemia”.

Design Oriented Postpandemic Opportunities (D.O.P.O.) è un’idea di Maurizio Carta, ordinario di Urbanistica all’Università di Palermo ed ex presidente del Consorzio universitario di Caltanissetta, e degli architetti Flavia Brenci e Mosè Ricci. “La piattaforma – si legge nella pagina Facebook dell’iniziativa – agisce nella consapevolezza che problemi complessi possono essere affrontati e risolti soltanto analizzandoli contemporaneamente da plurime prospettive, con l’obiettivo di una loro sintesi in proposte operative tecnicamente fondate, temporalmente ritmate ed economicamente sostenibili”.

“Emergenze globali richiedono risposte coordinate e globali” si legge nel Piano nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale, stilato secondo le indicazioni dell’OMS e pubblicato già il 13 dicembre 2007. L’Italia sta dando la sua risposta, necessaria a fermare il contagio, ma costellata di diseguaglianze. Nel capolavoro di Bong Joon-ho, Parasite, la pioggia non è uguale per tutti ma è diversa se sei ricco o povero.  Oggi non è la stessa cosa restare a casa in una villa con giardino e restare chiusi per giorni in una casa cadente. E di case cadenti se ne vedono anche a Caltanissetta, nel centro storico, ad esempio, cuore della città in una città che non dimostra avere cuore per le sue origini e la sua storia. Non è la stessa cosa rimanere chiusi per giorni in una casa grande e ben arredata o in un appartamento angusto di un quartiere dormitorio, uno dei tanti delle periferie che conosciamo. In questo fermo entrano in gioco non soltanto gli spazi ma le risorse personali di ciascuno, la capacità di trasformare emergenze sgradevoli in opportunità. La politica, però, deve occuparsi delle diseguaglianze, delle cose da aggiustare. «Questa situazione ha messo in luce differenze sociali enormi che non so se saranno ancora accettate» ha detto, nei giorni scorsi, il filosofo e sociologo sloveno Slavoj Zizek, durante un’intervista rilasciata ad Anna Lombardi, del quotidiano “La Repubblica”. Allora, chi è profano di architettura si permette di porre una domanda per il dopo pandemia a chi invece ha solide e riconosciute competenze. Questa situazione di fermo potrà essere un punto di partenza per ripensare gli spazi, non sono quelli pubblici, ma anche abitativi? Si potranno riqualificare intere zone e studiare misure che consentano a chi non ha mezzi di vivere in una casa confortevole? Ripensare l’esistente è l’unico modo per rendere questo durissimo scenario una occasione per migliorare.

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