LGBT+: un mondo che dovrebbe essere caro alla sinistra. Intervista a Danilo Mocera
Diciassette: la data di oggi, venerdì, nell’immaginario collettivo è un giorno sfortunato. Dal 2004 in poi, il diciassette maggio di ogni anno è anche la giornata mondiale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia. Di nuovo oggi, diciassette, è il compleanno di Danilo Mocera (53 lune) nonché il suo terzo anniversario di matrimonio: la prima unione civile di Caltanissetta. Danilo si è battuto molto per l’istituzione del registro delle unioni civili in città e si è presentato come consigliere comunale alle ultime amministrative. Martedì, il testo unificato del relatore Alessandro Zan, che unisce cinque ddl, è stato adottato in commissione Giustizia, alla Camera. La legge mira a inserire l’orientamento sessuale e l’identità di genere all’interno dell’impianto giuridico su reati e discorsi di odio e si propone quindi di estendere le norme già esistenti alle persone LGBT+. Abbiamo chiesto a Danilo cosa pensa del Ddl Zan per rendere questo venerdì diciassette un momento di riflessione su alcune tematiche legate ad un mondo che ancora fatica ad ottenere un riconoscimento da parte della società.
Piazze bollenti, in Italia, fino al 25 luglio, a sostegno o contro il Ddl Zan-Scalfarotto contro l’omo-lesbo-bi-trans-fobia, atteso in Italia da decenni. Secondo te, questa legge è realmente innovativa o si tratta di un compromesso al ribasso?
«Sì, questa legge ci vuole eccome! Chi dice che non occorre perché esistono già strumenti per difenderci tutt* indistintamente, si sbaglia! Mettere in evidenza, raccogliere i numeri ed avere dati certi su quante aggressioni hanno come movente la matrice omotransfobica è fondamentale e il Ddl si prefigge soprattutto questo. Senza una legge che qualifichi e quindi quantifichi, il reato d’odio, monitorare il fenomeno non è possibile».
Secondo te, gli atti di violenza nei confronti delle persone omosessuali sono un fenomeno consistente, in Italia?
«Sì! Per esperienza diretta, per i racconti di tanti amici, si sa che sono tantissime le volte che le persone omosessuali giovani o anziani e i/le trans decidono di non denunziare le aggressioni subite. Non denunziano per vergogna, o perché vivono segretamente il loro orientamento sessuale, o ancora perché, come nel caso delle trans, “hanno fatto il callo” a queste situazioni. Di conseguenza non abbiamo a disposizione dati reali sulla vera natura e sulle circostanze del reato».
Vogliamo specificare meglio il perché non vi sia la possibilità, fino a oggi, di fare una casistica delle aggressioni ai danni delle persone LGBT+? Una cosa paradossale, visto che esiste una mole di dati infinita per censire le nostre vite, indipendentemente dall’orientamento di genere…
È evidente che c’è un vuoto normativo, una mancanza di concetti base che il Ddl andrebbe a colmare con tre modifiche sostanziali: il riconoscimento di genere, l’orientamento sessuale e l’identità di genere. Tutto questo andrebbe aggiunto alla legge Mancino e l’istigazione a commettere gesti e azioni violente di stampo omotransfobico si sommerebbe ai reati d’odio già presenti, fondati su nazionalità, etnia e religione. Insomma, le persone LGBT+ rientrerebbero tra le “vulnerabili” in base alle caratteristiche personali della vittima e alla natura e alle circostanze del reato. Se manca tutto questo, non si può delineare bene il reato e di conseguenza non vi può essere casistica».
Cosa pensi dell’opinione della CEI, contraria al Ddl perché paventa un possibile reato di opinione?
«A parte ripetere che “esistono adeguati presìdi”, la CEI cita una “deriva liberticida” causata da una “limitazione di libertà critica e di opinione”. In realtà, la CEI non si è preoccupata di leggere bene il Ddl, perché non è così, visto che, con un espediente giuridico, il Ddl esclude il reato di propaganda di idee e di opinione, presente invece per quanto riguarda l’odio razziale, etnico e religioso».
Secondo te, questa è una cosa giusta? Torniamo alla posizione della CEI…
«In realtà, coerentemente con il suo punto di vista, la CEI mette proprio in dubbio la nascita di una legge che, a differenza della legge preesistente basata su “concetti condivisi” quali razza, etnia e orientamento religioso, verterebbe sui concetti di orientamento sessuale e identità di genere tutt’altro che definiti (secondo loro) in modo stabile e definito. Quindi, secondo loro, non può esservi una legge basata sul nulla. Anche per questo penso che il Ddl sia un fondamentale passo avanti verso la strada del riconoscimento dei diritti».
Pensi di organizzare iniziative a sostegno del Ddl anche a Caltanissetta?
«Ahimè, no! Dopo la battaglia per l’istituzione del registro delle unioni civili risalente a tre anni fa e dopo essermi candidato alle scorse elezioni comunali, motivato dalla difesa dei diritti civili, acquisiti e non, il mio desiderio adesso è quello di fondare un’associazione che si occupi principalmente delle tematiche LGBT+. L’idea è quella di realizzare uno sportello/consultorio, dove i/le ragazz* e i/le trans possano trovare un sostegno psicologico, legale e assistenziale. Il sogno sarebbe anche riuscire a realizzare una casa rifugio, dove possano trovare un alloggio momentaneo quei/quelle ragazz* che vengano cacciat* da casa dalle famiglie, a causa del loro orientamento sessuale. Ma tutto questo è un progetto in divenire, non vi sono i tempi per agire adesso».
Esistono associazioni o realtà che si occupano di queste tematiche e che quindi possono farsi promotrici di eventi a sostegno del Ddl?
«Che io sappia, al momento, no. Ma quelli che ho elencato dovrebbero essere temi cari alla sinistra di questa città, temi che la sinistra dovrebbe far suoi. Penso al PD e ai circoli Arci presenti sul territorio, alle reti degli studenti, etc. Speriamo che qualcuno si dia da fare».