28 Novembre 2024
L'opinione

Santo Spirito: ancora uno sfregio al patrimonio culturale nisseno. Una nota di Leandro Janni

La zona dell’abbazia di Santo Spirito. Foto inoltrata da Italia Nostra Sicilia.
Foto inoltrata da Italia Nostra Sicilia.

Sullo stato in cui versa la zona dell’abbazia di Santo Spirito, riceviamo e pubblichiamo una nota in forma di apologo del presidente di Italia Nostra Sicilia, Leandro Janni:

««Con l’aiuto degli dei Caltanissetta promuove il suo territorio». Così recita il nuovo slogan turistico pensato e reso pubblico dagli attuali amministratori della città, che puntano all’organizzazione di grandi eventi. Come il suggestivo evento che ha avuto luogo domenica scorsa, presso la cava di un privato cittadino, a Monte Sabucina.

Dunque: il cosiddetto marketing urbano, contemporanea panacea per gli irrisolti problemi delle nostre città, generalmente produce immagini consolatorie e seducenti, moltiplicando all’infinito tautologie e favole per adulti. Nell’illusione del buongoverno. Chi si accontenta comunque gode e applaude. Di seguito, un breve racconto, un apologo per svelare luoghi e storie comuni di una città. Un messaggio “altro” sulla memoria e sulla dimenticanza; sulla tutela e sulla cancellazione dei luoghi.

A New-Nissa, periferica “metropoli del Centro”, il turista new age è invitato a visitare la città e nello stesso tempo a osservare certe vecchie cartoline illustrate che la rappresentano com’era prima: la piazza centrale con la fontana monumentale al posto del workshop creativo permanente, l’antica chiesa e l’annesso convento al posto della stazione delle illusioni programmatiche, l’ex miniera di zolfo al posto della fabbrica dei totem e dei simulacri, la vecchia abbazia al posto del mega punto vendita di auto. Per non deludere gli abitanti, ma soprattutto i suoi gentilissimi amministratori, occorre che il turista new age lodi la città e i suoi dintorni nelle cartoline, e la preferisca a quella presente, avendo però cura di contenere il suo rammarico per i cambiamenti entro regole precise: riconoscendo che la magnificenza e la prosperità di New-Nissa, divenuta metropoli, se confrontate con la vecchia Caltanissetta, opaca e provinciale, non ripagano d’una certa grazia perduta. La quale può tuttavia essere goduta soltanto adesso, nelle vecchie cartoline, mentre prima, con la Caltanissetta provinciale sotto gli occhi, di grazioso non ci si vedeva proprio nulla, e di certo non lo si potrebbe vedere oggi, se New-Nissa fosse rimasta tale e quale. E comunque, la metropoli ha questa attrattiva in più: che attraverso ciò che è diventata, si può ripensare con nostalgia a quella che era. Ovviamente nessuno, ma proprio nessuno, osa dire che talvolta città diverse si succedono sopra lo stesso suolo e sotto lo stesso nome: nascono e muoiono senza essersi conosciute, incomunicabili tra loro. Alle volte, anche i nomi dei luoghi, dei monumenti cittadini restano uguali; così come i nomi degli abitanti, e l’accento delle voci, e perfino i lineamenti delle facce. Ma qualcosa è cambiato, irrimediabilmente. E gli antichi direbbero che gli dei che abitano sotto i nomi e sopra i luoghi, se ne sono andati senza dir nulla, e al loro posto si sono annidati estranei dei. E’ vano chiedersi se essi sono migliori o peggiori di chi li ha preceduti, dato che non esiste tra loro alcun rapporto, così come le vecchie cartoline non rappresentano New-Nissa com’era, ma un’altra città che, per caso, si chiamava “Caltanissetta”.

Allego a questo mio commento in forma di apologo alcune eloquenti immagini fotografiche scattate in questi giorni nei pressi dell’abbazia di Santo Spirito e del Museo Archeologico Regionale: un luogo peculiare della città, uno spazio che avemmo dovuto tutelare e valorizzare: impiantando specie arboree autoctone, ridefinendo il sistema di illuminazione. E invece lo stiamo facendo sfregiare, cancellare, da attività commerciali assolutamente incompatibili con il sito. Tutto questo, tra l’altro, ignorando l’articolo 9 della Costituzione, il Codice dei beni culturali e del paesaggio e così via di seguito. E dire che l’architetto Franco Minissi, con sapiente discrezione, collocò il nostro museo archeologico nella parte bassa del sito di Santo Spirito, in modo che non disturbasse la romanica magnificenza dell’abbazia».

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