Pandemia e persone anziane: una domanda a Nicola Boccadutri
Nei mesi scorsi, quando l’emergenza sanitaria era ancora agli inizi, mass media e opinione pubblica tendevano a diffondere la vulgata secondo la quale a morire di Covid-19 erano solo le persone anziane e quelle con patologie pregresse. Un racconto teso a sminuire la drammaticità della pandemia in termini offensivi e disumani nei confronti di determinati soggetti, piano piano superato dagli eventi e fortemente criticato.
Oggi, dopo le affermazioni, a dir poco discutibili, quanto fuori dalla realtà, del presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, il problema si ripropone con forza. Anche l’ipotesi di un lockdown per le persone anziane, che si è fatta strada nei giorni scorsi, ha sollevato, per altri versi, un vespaio di polemiche. Questi fatti non possono che suscitare interrogativi sul modo in cui le persone anziane o malate vivano, non soltanto un periodo che è di forte stress per il Paese, ma un discorso pubblico che li penalizza fortemente.
Abbiamo quindi rivolto la nostra domanda a Nicola Boccadutri dell’Auser, associazione nazionale che fa capo alla Cgil e che promuove l’invecchiamento attivo degli anziani, la loro valorizzazione nella società e il dialogo intergenerazionale. A Caltanissetta, l’Auser conta ben otto circoli e due sedi operative e si è fatto promotore di tante iniziative per alleviare la solitudine di chi giovane non è più.
Com’è cambiato oggi il discorso mediatico e politico sulla pandemia rispetto a prima? In relazione alle persone anziane, trovate che questo discorso sia ancora irrispettoso e mortificante? Perché?
«Come dice il presidente nazionale dell’Auser Enzo Costa, “dire a una persona anziana che vive da sola “non uscire più di casa” non significa tutelarlo ma isolarlo” e aggiunge, riferendosi al discorso di Toti “fuori luogo e disgustoso”» ha sottolineato Boccadutri.
«Detto questo» ha aggiunto «la generazione che vorrebbero isolare a casa è la generazione che è nata nell’immediato dopoguerra e che, in continuità con i genitori che hanno saputo liberarci dal fascismo, si è battuta per avere condizioni di vita e di lavoro civili. Penso alla legge sull’aborto, messa in discussione ancora oggi. Penso alla legge sul divorzio, allo Statuto dei lavoratori e a quell’insieme di norme che rendono civile un Paese. Lo dico anche se spesso assistiamo ad attacchi nei confronti di queste norme. Se malauguratamente dovesse passare l’ipotesi di confinare gli anziani in casa, sapremo fare la nostra parte, ci siamo abituati. In ogni caso, siamo così responsabili che teniamo alla nostra salute e a quella delle persone che vivono accanto a noi».
Insomma, un bel monito dalla generazione del ’68 proviene anche da Caltanissetta, indirizzato ad un Paese in cui i nonni rappresentano, nella realtà, il vero welfare delle famiglie. Spesso sono i nonni e le nonne che accudiscono i nipoti e che rendono disponibile la propria pensione per fare fronte alle esigenze economiche della famiglia. Comunque vadano le cose, il rispetto nei confronti degli anziani e delle persone più deboli deve rimanere sacrosanto, perché sacrosanto è il rispetto per chi ci introduce all’esistenza e per tutti gli esseri umani.