La vittoria di Sanremo: riflessioni a margine
Anche quest’anno è calato il sipario su Sanremo, non senza polemiche nei confronti di una vittoria che ha
alimentato discussioni dai toni spesso troppo forti.
A balzare agli onori delle cronache sono state infatti le origini del rapper Mahmood (il suo vero nome è Alessandro Mahmoud), di padre egiziano e madre sarda, vincitore del Festival 2019 con Soldi, brano che racconta la vita in famiglia nella periferia di Milano. Un padre assente, i soldi che condizionano e modificano rapporti e relazioni, sul brano è stato già detto tutto.
Dai botta e risposta di questi giorni emerge però una questione fondamentale: cosa vuol dire essere italiano?
Perché un ragazzo nato e cresciuto a Milano pare non esserlo per molti commentatori?
La questione chiama in causa i significati di nazione e identità, nel senso comune di oggi considerate ancora entità fisse ed immutabili nonostante l’Italia sia stata attraversata da cambiamenti profondi. Si erano verificate reazioni simili nel 1996, anno in cui Denny Mendez venne eletta Miss Italia. Forse nell’immaginario collettivo l’essere italiano rimane una questione legata al “sangue” e la cultura considerata un processo immobile.
La vittoria di questo ragazzo, italiano a tutti gli effetti, tira però in ballo la “volontà di essere nazione” e un’identità ripensata anche in relazione al mutare delle circostanze e al sorgere di fenomeni, che non possono essere considerati emergenziali, come quello delle migrazioni e delle seconde generazioni che ne scaturiscono. In definitiva, l’Italia di oggi è come questa canzone: assembla ritmi vecchi e nuovi ed ha qualche parola in più.