«La Sicilia viva di turismo»: intervista a Gina Tortorici, una vita per l’ambiente!
Il complesso problema dello smaltimento delle scorie nucleari e le recenti notizie in merito alla possibilità di ritenere alcune aree del territorio nisseno idonee a diventare deposito nucleare nazionale hanno registrato, negli ultimi giorni, una levata di scudi quasi unanime da parte di rappresentanti delle istituzioni, associazioni e cittadini comuni. Questa volta abbiamo chiesto un parere sulla questione a Maria Gina Tortorici, ambientalista di lungo corso. Classe 1953, nata a Corleone, Gina si trasferisce a Serradifalco nel 1968, all’età di quindici anni. Laureata all’Accademia di Belle Arti “Michelangelo” di Agrigento, artista nel campo della pittura e delle ceramiche, Gina ha condotto diverse battaglie ambientali, anche insieme a suo marito, Salvatore Petix, che ha ricoperto il ruolo di vicesindaco a Serradifalco ed è morto nel 1997. Dall’argomento scorie è nata una lunga chiacchierata sull’ambiente in Sicilia e nella nostra provincia. Quando le abbiamo chiesto cosa pensa, in qualità di ambientalista, della decisione di rendere parti del territorio nisseno disponibili per l’individuazione di un deposito di scorie nucleari, ha risposto così:
«Nel centro Sicilia esistono tante zone da valorizzare e da rendere più fruibili dal punto di vista turistico. La Sicilia è una perla del Mediterraneo e il turismo dovrebbe essere la sua unica vocazione. Certo, siamo stati una delle terre più dominate nel corso dei secoli, e quest’abitudine nel farci dominare non ci ha mai spinto a ribellarci alle decisioni prese dall’alto».
Quando ha iniziato a occuparsi di ambiente e per quali ragioni…
«Io e mio marito abbiamo iniziato ad occuparci di questioni ambientali negli anni Ottanta. Ambiente è una parola che ne tira in ballo altre due: rispetto e sensibilità. Sono il rispetto e la sensibilità nei confronti dell’ambiente in cui si abita a distinguere gli ambientalisti veri da quelli di facciata, spesso divenuti tali solo per interessi personali o per moda. Allora ci battemmo per rendere il Lago Soprano una riserva e portammo avanti con forza questa proposta. Alla fine riuscimmo a far diventare il Lago una Riserva Naturale Orientata e successivamente un Sito di Interesse Comunitario».
Negli anni in cui ha iniziato ad interessarsi alle questioni ambientali, quali erano i principali problemi del territorio siciliano da questo punto di vista? Secondo lei, la Sicilia ha risolto i suoi problemi legati all’ambiente o c’è stato un peggioramento?
«Il progresso e la modernità non devono mai far dimenticare il passato ma in Sicilia le questioni legate al lavoro hanno in qualche modo messo in secondo piano l’ambiente e la qualità della vita. Ad esempio, Gela non dovrebbe evocare solo il petrolchimico ma uno dei punti strategici della dominazione greca. Quando nel 1968 sono arrivata a Serradifalco, il paese non era più solo contadino ma conosceva un certo agio per via delle miniere di zolfo e di sali potassici. Quando la miniera è stata chiusa, mentre al Nord hanno reso le miniere dismesse un’attrattiva turistica, qui non lo hanno fatto. Oggi il paese sta morendo lentamente, anche a causa dei giovani che vanno via perché non hanno un’alternativa. Serradifalco è stato il primo paese della provincia ad avere un parco urbano, ma oggi è un pezzo di terra morto e depredato più volte. Il Covid-19 dovrebbe indurci a ripensare in modo innovativo il nostro sviluppo e a farci vedere con occhi nuovi il territorio in cui viviamo. Il futuro della Sicilia non può che essere legato al turismo ed è il turismo che bisogna sostenere. Ci vorrebbe una classe dirigente “con gli attributi”, posso dirlo in un’intervista?»
Posso chiederle in quali associazioni ambientaliste ha militato ed i suoi ruoli? In quali associazioni continua ancora a militare?
«Ho militato in diverse associazioni: WWF, Italia Nostra (di cui ero tesoriere), Lipu, Legambiente. Ho sostenuto con ogni forza la causa del Lago Soprano. Anche la mia arte si rifà all’ambiente, proprio perché nella vita mi interesso di questo tema. Ho fatto dei lavori dedicati al Lago, perché tuffarsi in un quadro vuol dire tuffarsi nella realtà dipinta. Attraverso la mia arte voglio aiutare le persone a guardare il paesaggio con occhi nuovi, gli stessi occhi che dovrebbe avere la classe dirigente per ridisegnare un nuovo modello di sviluppo».
Nel suo bellissimo libro, La nostra casa è in fiamme, Greta Thunberg mette in rilievo, insieme ai membri della sua famiglia, la “tossicità” dell’ambiente di oggi. Una tossicità che va ben oltre la plastica e riguarda relazioni sbagliate, incomprensioni ma anche e soprattutto il non volersi curare di un ambiente con cui invece dobbiamo fare i conti, prima che il conto, causato dal nostro inquinamento, ci venga presentato. Greta ha avuto la capacità di far tornare alla ribalta la questione ambientale e in buona sostanza ha dimostrato grinta ed ottenuto più seguito delle associazioni che si occupano di ambiente da più tempo di lei. Secondo lei, le associazioni ambientaliste hanno commesso o commettono ancora degli errori?
«Mi considero una “vecchia Greta”, perché il mio nome è legato a diverse battaglie sostenute in nome dell’ambiente. Secondo me, l’errore commesso dalle associazioni ambientaliste, ad un certo punto, è stato quello di mollare, di diventare quasi tenere, di non avere più determinazione nel portare avanti le proprie rivendicazioni».
Insomma, ancora una volta la Sicilia diventa nodo centrale dei grandi temi irrisolti della contemporaneità: lavoro, necessità di smaltimento dei rifiuti e nuovi modelli di sviluppo postpandemici. La classe dirigente saprà raccogliere le nuove sfide indicate da Gina, e cioè «arte, cultura e ambiente»?