IGP torrone di Caltanissetta: considerazioni in vista della riunione di martedì 4 febbraio alla CCIAA
Il Pasticciere Trotzkista vorrebbe stimolare una discussione sul torrone di Caltanissetta, in vista della riunione che si terrà alle 17.00 di martedì 4 febbraio 2025 nella sala consiliare della Camera di Commercio (corso Vittorio Emanuele,38).
L’Associazione Produttori di Torrone (con sede in via Libertà 176/178) ha infatti chiesto al Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste il riconoscimento dell’Indicazione Geografica Protetta (IGP) per il torrone di Caltanissetta. L’associazione ha quindi redatto una proposta di Disciplinare di Produzione da leggere e discutere nel corso della riunione indetta dai funzionari del Ministero, in presenza delle istituzioni e di chiunque voglia partecipare e contribuire al dibattito.
Il Disciplinare è già consultabile sul sito della Camera di Commercio di Caltanissetta (https://www.cameracommercio.cl.it/) e stimola una discussione sull’opportunità di una IGP per il torrone nisseno.
Uno dei dubbi sollevati dal Torronificio Geraci riguarda il fatto che per ottenere l’Indicazione Geografica Protetta non vi sia nessun obbligo di utilizzo di materie prime locali. Per l’IGP è sufficiente, infatti, che soltanto una delle fasi di produzione debba essere effettuata nella zona delimitata. Quale vantaggio ne trarrebbero le filiere agricole locali?
La seconda obiezione sollevata dallo storico Torronificio, che produce torrone e specialità siciliane dal 1870 a Caltanissetta, riguarda il prezzo finale del torrone.
È legittimo credere che possa ripetersi quanto accaduto al pistacchio di Bronte e a quello siciliano? Chi opera nel settore dolciario deve infatti acquistare il suddetto pistacchio a prezzi inaccessibili, fino a doverlo pagare ben sopra quaranta euro al chilogrammo, contro il pistacchio turco e quello iraniano, più economici.
Se, da una parte, i marchi comunitari valorizzano un determinato prodotto, dall’altro gli effetti di questa valorizzazione non sono sempre a beneficio dei consumatori. È legittimo ipotizzare la creazione di un mercato parallelo in cui si offrano torroni di qualità scadente e a basso costo o addirittura contraffatti?
Ad esempio, il pistacchio di Bronte DOP presenta rischi di contraffazione concreti e se il suo areale di produzione è certamente vasto, non lo è tanto da garantire tutto il pistacchio di Bronte che si vede in giro (Fonte: Fondazione Qualivita).
In definitiva, a chi gioverebbe la creazione di una IGP del Torrone di Caltanissetta?