«Ieri abbiamo realmente tremato»: Ester Vitale commenta le dichiarazioni di Lagarde
Riceviamo e pubblichiamo le considerazioni di Ester Vitale, componente del Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE), organo consultivo dell’UE. La dottoressa Vitale commenta le dichiarazioni della Lagarde e fa il punto sull’aiuto dell’Europa e del CESE per sostenere l’emergenza sanitaria:
«Com’è noto l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato la pandemia dell’influenza da Covid-19. Adesso l’OMS può emanare disposizioni cogenti alle nazioni e, soprattutto, inviare squadre di supporto nei Paesi più fragili. (Pensiamo all’inevitabile disastro non appena il virus si propagherà in Africa, dove le condizioni sanitarie non assicurano di certo un trattamento adeguato dei malati).
Dunque tutti i Paesi varano misure di contenimento, più o meno restrittive, a seconda della situazione. Le diverse decisioni dipendono da tante ragioni: il livello attuale di casi riscontrati, il numero di ricoveri che il sistema sanitario dei singoli Paesi è in grado di garantire, il grado di responsabilità e di consapevolezza dei singoli cittadini, la possibilità di assicurare trattamenti domiciliari, etc.
La risposta europea purtroppo non può essere univoca perché la materia sanitaria è di competenza esclusiva degli Stati Membri, ma le Istituzioni Europee stanno facendo di tutto per ridurre al minimo i rischi del contagio e i disagi per i Lavoratori e le Lavoratrici e per le Imprese. Tutte le Istituzioni Europee hanno cancellato incontri e riunioni e si assicura soltanto l’ordinaria amministrazione.
A Bruxelles c’era molta attesa per le dichiarazioni della Presidente della BCE che francamente ha scioccato tutti. Sapevamo che avremmo rimpianto Mario Draghi ma ieri abbiamo realmente tremato. «Non siamo qui per “chiudere gli spread” – ha detto ad un certo punto la Presidente -. Ci sono altri strumenti e altri attori per gestire queste questioni». Ora, “chiudere lo spread” significa calmierare il rendimento dei titoli di Stato, in modo che il costo del debito non aumenti enormemente per i Paesi, come ad esempio l’Italia, che hanno un debito pubblico alto. E infatti dopo che Lagarde ha parlato: i rendimenti dei titoli di Stato italiani sono esplosi dall’1,22% sulle scadenze decennali fino a un picco dell’1,88%. Un aumento che ci costerà molti miliardi.
Siamo, dunque, preoccupati perché al netto dei commenti ridicoli di Di Battista e Meloni (dimenticati premi Nobel per l’Economia!) che, tuttavia, regaleranno loro qualche trafiletto nelle testate internazionali, un dato è certo: queste dichiarazioni gratificano i “falchi” della BCE, primo fra tutti Weidmann, Presidente della Bundesbank. Queste dichiarazioni sono preoccupanti perché indicano un’inversione di tendenza rispetto alla politica di Mario Draghi, del fare tutto ciò che è necessario per salvare l’euro e l’economia dei Paesi a rischio default. Ma per questa politica, vale la pena ricordarlo, Draghi era attaccato più o meno quotidianamente dai tedeschi e dai rappresentanti dei Paesi Nordici.
Noi al CESE siamo convinti della necessità non solo di una flessibilità a livello fiscale ma in generale di una revisione del patto di stabilità e crescita per fare fronte alle conseguenze economiche dell’epidemia da COVID-19. La risposta a questa crisi non può essere di nuovo l’austerità. Sono necessarie politiche anti cicliche, sono necessari investimenti pubblici anche in deficit.
L’epidemia di COVID-19 sta avendo un grande impatto economico, sociale e umano in Europa. La situazione sta deteriorando quotidianamente, ma l’UE e gli Stati Membri devono rimanere uniti, dare una risposta comune ed efficace per combattere la diffusione del virus e proteggere cittadini e cittadine, lavoratrici e lavoratori.
Come ha detto Oliver Ropke, Presidente del Workers Group del CESE, “questa epidemia è un test di solidarietà politica, finanziaria e scientifica. Dobbiamo riunirci per combattere un nemico comune che non rispetta i confini, assicurarci di avere le risorse necessarie per porre fine a questa epidemia e trovare risposte a problemi condivisi”».