Ancora su Armine: intervista all’ex indossatrice Simonetta Garofalo
Armine Harutyunyan ha sfilato per Gucci un anno fa ma è in questi giorni che il suo nome è finito sulla bocca di tutti e su tutti i giornali. Scoperta dal direttore creativo di Gucci, Alessandro Michele, la ventitreenne armena è stata vigliaccamente insultata dagli odiatori da tastiera ma il suo volto particolare e fuori dagli schemi canonici del mondo della moda ha sollevato anche questioni complesse. Cos’è il bello? Il bello è soggetto a cambiamenti? Il body shaming e le fake news (come il saluto romano di Armine in un selfie davanti all’Altare della Patria, rivelatosi una bufala) sono fenomeni sempre più preoccupanti e quali sono i mezzi più efficaci per combatterli?
Soprattutto i lineamenti di Armine hanno diviso l’opinione pubblica: c’è chi sostiene che non sia adatta a fare la modella e chi invece la ritiene interessante perché con lei il mondo della moda si apre a volti e corpi che non sono tutti uguali e stereotipati. Insomma «bene o male, purché se ne parli» e ci si avvicini di più ad un mondo che rimane affascinante e misterioso.
L’approccio alla moda è personale e condizionato dagli ambienti nei quali si vive. Marcellina Breda era mia nonna da parte di madre, nata nel 1915, sarta per buona parte della sua vita. Marcellina (detta Marcella, per la forza con la quale aveva affrontato l’esistenza) era famosa per realizzare abiti da sera di grande pregio e, nei miei ricordi d’infanzia, nutriva nei confronti delle indossatrici, le mannequin le chiamava lei, un grandissimo rispetto. Perché -diceva- quello dell’indossatrice era un lavoro che costringeva una donna a star ferma per ore e ore in sartoria, a girare da una città all’altra per le sfilate e ad essere sempre in forma, con grandi rinunce. Insomma un lavoro usurante davanti al quale mia nonna continuava a portare rispetto nonostante la delusione che le procurava sfogliare le riviste di moda degli Ottanta: abiti troppo succinti, che scoprivano troppo, quasi un elogio della volgarità. Ma il pesce puzzava dalla testa e le indossatrici non erano le prime responsabili di quel decadimento. Proprio questo ricordo di infanzia ha stimolato una curiosità: come vive chi ha fatto, o tuttora fa la modella, l’ingresso di Armine nello scenario della moda? Simonetta Garofalo ha svolto l’attività di indossatrice per diversi anni della sua vita, in gioventù. Le abbiamo chiesto un’opinione su Armine ma soprattutto di raccontarci il mondo della moda dietro le quinte e ne è emerso un piccolo spaccato.
A che età hai iniziato a fare la modella e qual è stata l’occasione o la molla che ti ha spinto ad intraprendere questo percorso? Quanto tempo della tua vita hai dedicato a questo lavoro?
«Fare l’indossatore e l’indossatrice è una professione artistica. Si crea una simbiosi tra lo/la stilista che crea l’opera e chi la “espone”, cioè le indossatrici e gli indossatori. Quando ho intrapreso questa professione non la vedevo come tale. Per me era piuttosto un’esplosione del mio talento naturale, una musica dentro di me, che prendeva forma attraverso un portamento innato e gentilmente abbigliato dal sarto o dalla sarta, figure che ossequiavo. Insomma, una corrispondenza di amorosi sensi che, ahimè, inevitabilmente diviene un do ut des».
Com’era, negli anni Ottanta, il mondo della moda?
«Attraverso la mia esperienza negli anni Ottanta e Novanta, ho visto enorme competizione tra gli stilisti manager, in estrema rivalità fra loro. Quindi, anche creare stress tra le modelle era linfa vitale in quegli anni, in modo tale da accaparrarsi la ragazza più in audience e fare gettoni d’oro».
Consiglieresti ai ragazzi e alle ragazze questa professione?
«Penso che sia anacronistico (dato l’innalzamento della vita media) invogliare i giovani a simile carriera. I ragazzi e le ragazze si devono fare le “ossa cerebrali” in primis studiando. Questo lavoro si dovrebbe intraprendere solo dopo gli studi e una decisione ponderata».
Com’è cambiato, secondo te, il mondo della moda? È cambiato in meglio o in peggio? E cosa pensi della scelta di Gucci, di proporre Armine?
«Vedo con soddisfazione, alla veneranda età di 54 anni, che il mondo della moda non è più fatto di bamboletti inanimati e bambolette inanimate, insomma di manichini fighetti e stereotipati. Mi piace moltissimo la new entry di Gucci, che sta creando opinioni discordanti. Ben vengano! Il mondo è bello perché è vario. Io, per ora, mi diletto a scegliere la mia mascherina preferita, per esempio!»