Caltanissetta che vieni, Caltanissetta che vai: una bella iniziativa sulle migrazioni a piazza Mercato Grazia
È un dato vecchio, quello dell’Istat. Un dato che si riferisce al periodo compreso tra il 2012 e il 2017 ma che rivela comunque un aspetto tragico della nostra attualità: nella provincia di Caltanissetta ben 73.121 persone hanno trasferito la propria residenza al Nord o all’estero. Un vero proprio salasso di forze che emerge di nuovo drammaticamente durante l’incontro dedicato a migrazioni e periferie mediterranee, organizzato sabato scorso da un cartello di associazioni che da anni si impegnano nel sociale: Arci, Girasoli, Rete degli Studenti Medi, Circolo Aut, Mediterranea.
Certo l’immagine del ragazzo che, a Londra, si dispera sognando la pasta al forno non regge più e anche il tema dell’emigrazione è avvolto da stereotipi. Può essere infatti bello fare un’esperienza lavorativa fuori, andare a studiare all’estero, vivere in posti nuovi per arricchire la propria esperienza umana. Ma emigrare spesso non è una libera scelta quanto il percorso obbligato di chi non riesce a trovare un lavoro nel proprio paese o di chi scappa da un contesto di guerra. In questa costrizione, immigrazione ed emigrazione rappresentano due facce di un’unica medaglia e restano fenomeni che hanno alla base la libertà di movimento, diritto fondamentale e inalienabile degli esseri umani.
A fronte di questo esodo, sempre secondo l’Istat, nel 2012 le persone straniere che hanno trasferito la propria residenza a Caltanissetta sono state 2.380, diventate 8.740 nel 2017. Cos’è che desta quindi maggiori preoccupazioni? La presunta invasione di migranti di un racconto mediatico che dovrebbe cambiare o una consistente perdita di autoctoni che impone un’ulteriore domanda: chi ha governato, negli anni, questo territorio, ha creato le condizioni affinché i nisseni restino qui? In realtà Caltanissetta è una piccola parte di quel più ampio Sud che si sta spopolando ma la domanda resta ugualmente valida. Ci pensano i sapori della cena sociale multietnica alla fine dell’incontro a farci capire che dal dialogo interculturale e dall’accoglienza possono nascere nuove e belle occasioni per affrontare insieme le sfide difficili.