Considerazioni a margine del Disciplinare IGP per il Torrone di Caltanissetta
Ieri, 4 febbraio 2025, si è svolta presso la locale Camera di Commercio la riunione di pubblico accertamento per l’iscrizione del “Torrone di Caltanissetta” nel registro europeo delle IGP.
Nella pressoché totale assenza della stampa locale, è invece saltata agli occhi la massiccia presenza dell’amministrazione comunale, sia in termini di giunta che in termini di consiglio a sottolineare una, finalmente, attenzione a quello che è il prodotto più rappresentativo di Caltanissetta.
Purtroppo, è saltato immediatamente agli occhi anche il pressapochismo del soggetto proponente l’iscrizione, a partire proprio dall’abc di convocazione e modalità di svolgimento della riunione. E dire che non era difficile, sarebbe bastato leggere il decreto del ministero dell’agricoltura, che pure citano, per scoprire ad esempio che andava distribuita a tutti i partecipanti una copia del disciplinare da discutere, piuttosto che scoprirlo a riunione iniziata e far perdere a tutti i convenuti mezz’ora in attesa delle fotocopie. O addirittura per scoprire che le istituzioni, le organizzazioni di categoria, i produttori, gli operatori economici andavano invitati, del resto il decreto è scritto in italiano, è abbastanza chiaro che non è un quiz a crocette per cui se inviti le associazioni di categoria allora puoi non invitare i produttori. Transeat.
Però transeat, passi, se fossero state solo queste le dimostrazioni di inadeguatezza. Invece, iniziando finalmente la lettura del disciplinare, ci si è resi conto di come, articolo per articolo, gli errori, le inesattezze, le omissioni siano state imbarazzanti. Il “torrone di Caltanissetta”, secondo questo disciplinare, si può fare con tre, quattro, cinque, sei o sette ingredienti, a scelta. Si può cuocere a fuoco diretto o a bagno maria, a scelta (e perché non anche, a questo punto, in padella o al forno?), si può fare con miele argentino, mandorla californiana e pistacchio iraniano, a scelta (e sì, ci sarebbe l’accordo di filiera, ma che si rispetti o meno sempre Torrone di Caltanissetta IGP sarebbe). Abbiamo addirittura ascoltato un’esperta di coltivazione delle mandorle, nonché produttrice di torrone, almeno stando a come si è presentata, parlare di scelta in vivaio delle piante di mandorlo da piantare. I produttori di mandorla della provincia di Caltanissetta ancora si sbellicano dalle risate.
Rimane un pugno di mosche, una figura pessima con i funzionari del Ministero venuti apposta, un prodotto che, se anche dovesse essere riconosciuto IGP, non avrebbe niente a che fare con la tradizione del torrone di Caltanissetta, con l’effetto, inevitabile, di cancellare una tradizione che dura da secoli.