8 Settembre 2024
L'opinione

Elogio dell’astensione: riflessioni di Loredana Rosa

Riceviamo e pubblichiamo una nota di Loredana Rosa (Governo di Lei) dal titolo “Elogio dell’astensione”:

Al ballottaggio per l’elezione del sindaco di Caltanissetta non sono andata a votare come scelta e posizione politica, non perché “non avessi voglia di uscire” o fossi andata al mare. Non ne avrei dato notizia se non fosse che ho trovato disdicevoli i reiterati appelli al voto a garanzia della democrazia e lo stigma sugli astenuti lanciato soprattutto da liste “civiche” e partiti più o meno di sinistra.

Per evitare malintesi preciso quanto segue:

  • L’astensione dal voto di un numero uguale o superiore al 50% di aventi il diritto di esercitarlo è un pericolo per la democrazia? Si
  • Il votare è un diritto? Si
  • Il votare è un “dovere”? No
  • Gli appelli generici ad esercitare il diritto di voto, oltre ad essere inefficaci, sono “corretti”? No

Che le democrazie siano malate è un fatto, che possano essere sanate “anche” attraverso il voto pure, ma se l’offerta politica che si sottopone al giudizio del voto è “sbagliata” come possono elettori ed elettrici scegliere? La democrazia italiana da troppo tempo arranca appoggiandosi alle curve spalle del/dei “meno peggio” e siamo arrivati al punto in cui siamo cioè al “peggio del peggio” e potrebbe non essere finita.

Astensionismo (la desinenza ismo come si sa è dispregiativa) è il termine comunemente usato per definire la non partecipazione al voto come un sottrarsi al “dovere civico” di cui parla l’art. 48 della Costituzione. Lascio ai costituzionalisti le interpretazioni, ma mi permetto di osservare che anche segnalare l’impraticabilità di un percorso è un “dovere civico”, perciò torno più al diritto che al dovere di votare e ancora di più al diritto di espressione, cioè a potere dire: “Nessuno/a di voi può avere il mio voto, non siete garanzia di buona amministrazione, non avete fatto e detto abbastanza per meritare la mia fiducia e il mio voto. La mia è una rinuncia consapevole, motivata e dolorosa ad un diritto che mi viene impedito di esercitare”.

Negli appelli al voto, in quelli meno accorati e più ancorati, cioè quelli fatti da destra, è abbastanza chiaro che il dolore della “ferita alla democrazia” è molto sopportabile, mentre più forte è il “vota per me che so cosa vuoi e come dartelo”, si rubano i voti l’un l’altr* senza fare finta di fare politica per tutt* ma facendo politica solo per “sé”. Cosa aspettarsi dallo schieramento di destra in questa tornata amministrativa era chiaro prima e scontato adesso, ma ciononostante sono rimasta colpita dall’entusiasmo del designato assessore Oscar Aiello che non è stato eletto poiché la sua lista Lega Salvini non ha superato lo sbarramento. Evidentemente, con buona pace di Salvini, quello che conta è che lui sia assessore… Più “ancorato” di così!?

Gli appelli più accorati ma pur sempre ancorati, anche se con una sorta di timidezza, sono quelli fatti dal centrosinistra, in questi l’apprensione per la “ferita alla democrazia” sembra sincera ma resta poco convincente perché in ogni caso “il pacchetto” che offrono è stropicciato dall’usura, dalle contraddizioni e dall’ambiguità. Nella tornata amministrativa appena conclusa a Caltanissetta, come più volte ha magistralmente spiegato Fiorella Falci, non c’era uno schieramento di centrosinistra e molte persone come me, avendolo capito ben prima che la candidata sindaco lo gridasse dal palco del suo ultimo comizio, “se ne sono fatta una ragione” e hanno deciso che non potevano dare il loro voto ad uno schieramento che proclamava più il “non essere” che “l’essere”, che era un insieme incongruo sotto le insegne di un campanilismo da stadio sostenuto da una tifoseria da curva sud o nord.

Chiedo scusa se scomodo Catone, ma ormai mi sento come se fossi lui con il suo «Ceterum censeo Carthaginem esse delendam», perché ogni mio pensiero va alle sciagurate leggi elettorali che affliggono il nostro Paese, all’oltraggio alla democrazia, al pluralismo e alla rappresentanza perpetrato dalla scelta del maggioritario, più o meno temperato da pasticci pseudo proporzionali, e dalle “elezioni dirette” che sono delle vere prese per i fondelli perché “dirette” lo sono ma non certo da elettori ed elettrici. Come altre volte dico: “queste leggi debbono essere distrutte”.

Se anche per altre persone oltre me fosse ormai intollerabile continuare ad accettare questo “imbroglio” che usa gli strumenti della democrazia per distruggerla, poiché a breve ci troveremo ad affrontare conflitti e a compiere scelte “storiche”, dico che dobbiamo farlo con gli strumenti della democrazia per salvarla e salvarci. Ci sono speranze e fatti già in atto, il dissenso si manifesta con forza e con coraggio, la repressione si sta facendo sempre più dura ma è il segno di una grande debolezza. Certo sarà difficile, faticoso e, forse, doloroso, ma alla fine ne sarà valsa la pena.

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