La violenza di genere a Caltanissetta in tempi di coronavirus. Ne parliamo con Anna Giannone
In questi giorni di pandemia, rimanere a casa il più possibile è necessario per tentare di fermare il contagio. Possiamo, però, dire che le mura domestiche rappresentino per tutti e per tutte il luogo più sicuro? Forse no, visto che uno dei drammi del nostro Paese è la violenza di genere, che coinvolge le donne e spesso anche i bambini. Qual è la situazione sul fronte della violenza di genere a Caltanissetta? Lo abbiamo chiesto ad Anna Giannone, responsabile del centro antiviolenza “Galatea e il tulipano” e portavoce del Coordinamento contro la violenza sulle donne.
Prima che scoppiasse l’emergenza sanitaria, qual era la situazione a Caltanissetta sul fronte della violenza di genere e delle associazioni che ormai da anni si occupano di questo tema? I casi di violenza erano in aumento? Avevate un buon rapporto con le istituzioni e contavate su fondi e aiuti economici per mandare avanti le vostre attività?
«La situazione della violenza sulle donne, nel nostro territorio, è ancora fortemente influenzata da una cultura patriarcale diffusa, che vede la violenza come elemento normale della vita matrimoniale. Le donne molto spesso non si sentono vittime, e pensano di potere gestire la violenza, finché non arrivano alla disperazione. Il nostro ruolo è quello di creare una coscienza del fenomeno per far comprendere, soprattutto ai giovani, come identificare ed evitare una relazione sbagliata. Per questo siamo impegnate in interventi di sensibilizzazione e, insieme a tutte le associazioni del coordinamento, siamo impegnate nei progetti nelle scuole. Inoltre la situazione economica, che vede un reddito medio molto basso e un alto tasso di disoccupazione, soprattutto femminile, e i finanziamenti regionali che arrivano a singhiozzo, non ci permettono di spezzare agevolmente la dipendenza economica. Possiamo dire che il nostro lavoro è più difficile di quello dei centri antiviolenza che vivono in altri territori. Il centro accoglie tutte le donne che vogliono uscire dalla violenza e spesso le nostre utenti sono inviate dalle forze dell’ordine o dal pronto soccorso. Esiste una forte rete interistituzionale che sostiene le donne vittime di violenza, la cui regista è la Prefetta, molto sensibile a questo argomento. Purtroppo i nostri sforzi si basano quasi esclusivamente sul volontariato, con tutto ciò che comporta. Nonostante il governo stanzi fondi, ai centri non arrivano».
In questo periodo, l’emergenza sanitaria da coronavirus e le misure eccezionali intraprese per fermare il contagio hanno privilegiato lo spazio domestico su quello urbano. Anche noi riteniamo che rimanere a casa sia necessario per evitare il diffondersi del Covid-19, ma in questa situazione credete che aumenteranno i casi di violenza, se già non sono aumentati? Penso alla donna decapitata dal figlio qualche giorno fa nel Laurentino, periferia Sud di Roma…
«In questo periodo di emergenza sanitaria, la situazione si è aggravata. Le donne hanno un maggiore carico lavorativo: hanno lo smartworking, la scuola online e i compiti, nessun aiuto esterno. Le donne chiamano molto meno, sono chiuse in casa con i loro aguzzini, e per loro è più difficile chiedere aiuto. A livello nazionale, le chiamate hanno avuto un brusco freno. Anche la nostra capacità di intervento si è ridotta. I centri sono chiusi e funziona solo l’ascolto telefonico. È più difficile rifugiare una donna, perché non tutte le case ad indirizzo segreto hanno la possibilità di far fare una quarantena separata alle nuove inserite. È un momento molto difficile».
Qual è l’aiuto che può essere fornito alle donne vittime di violenza, in questi giorni di pandemia? E quali sono le raccomandazioni che rivolgete loro, voi che da anni combattete questo drammatico fenomeno?
«Noi siamo sempre accanto alle donne e cerchiamo di sostenerle psicologicamente, ma speriamo di superare al più presto questo momento di emergenza sanitaria».
In questi giorni ci ripromettiamo di tornare sull’argomento e di sentire le rappresentanti delle realtà che, a Caltanissetta, lottano ogni giorno, a fianco delle donne e in ogni modo, contro questo drammatico fenomeno.