Lo sviluppo culturale e la crescita di Caltanissetta. Marina Castiglione propone “Le vie del gesso”
Le attività culturali possono determinare una ripresa e uno sviluppo del territorio di Caltanissetta? Questo sviluppo potrebbe essere economico o di che tipo? Questa volta abbiamo rivolto la domanda a Marina Castiglione, professoressa di Linguistica italiana all’Università di Palermo ed ex assessora alla Cultura del Comune di Caltanissetta. Marina Castiglione ha risposto così:
«Le attività culturali sembrano essere ambito di interesse di professori, intellettuali o sofisti da salotto. Nonostante si sia valutato che l’Italia possieda dal 60% al 75% di tutti i beni artistici esistenti in ogni continente, i beni culturali non sono ancora considerati una risorsa capace di smuovere significative leve economiche nazionali, regionali, locali. Eppure, se oggi l’Italia può ancora “estrarre” valore dal territorio, non può farlo a partire dalla crisi dell’industria siderurgica, manifatturiera e meccanica, ma proprio a partire dall’ingente stratificazione storico-culturale del suo patrimonio materiale e immateriale.
Per farlo serve un forte… cambiamento culturale.
Quando si parla di cultura, infatti, o la si confonde con attività propriamente riferibili allo spettacolo o con conferenze dispensatrici di buoni pensieri o con brand commerciali. Sempre più spesso alla parola “cultura” si associa un certo sussiegoso fastidio o un’attribuzione di consolatorio passatempo. Chi pensa di non esserne interessato sostiene che i contributi destinati alla cultura siano soldi buttati a vantaggio di una ristretta élite; chi opera nel mondo dello spettacolo minaccia di interrompere ogni organizzazione se non adeguatamente sostenuto; chi elargisce contributi non pianifica in base a scelte fatte a monte e con ricadute collettive accertabili e visibili.
La stessa formulazione di “attività culturale”, a livello locale, rimanda a comitati pro-lettura, sagre di prodotti enogastronomici, peripati naturalistici, festival di varia natura artistica. Tutte attività meritorie, intendiamoci, spesso spinte dall’unica passione di associazioni di volontari che vanno ringraziate e supportate. Ma verso dove?
La definizione di cultura abbraccia tutti i saperi, le credenze, la morale, l’arte, le abitudini acquisite dall’uomo all’interno della società di riferimento e, anche secondo l’UNESCO, essa si compone di «una serie di caratteristiche specifiche di una società o di un gruppo sociale in termini spirituali, materiali, intellettuali o emozionali».
La cultura, dunque, come lavoro capillare attraverso le scuole, come “abitazione” della totalità dell’ambiente sociale e fisico in cui agisce l’uomo, come consapevolezza dei modelli di riconoscimento per cui ci si definisce “comunità”. La cultura come modello di comportamento, come processo di crescita e non soltanto come attività occasionale da svolgere in un certo luogo (biblioteche, teatri, sale riunioni), in un certo momento (preferibilmente di pomeriggio se rivolto ad adulti, di mattina se rivolto a scolaresche), con certi attributi artistici (danza, musica, recitazione, etc.).
Poniamo che, nel mercato globale del turismo e della proposta culturale, la politica indirizzi la sua competitività verso uno degli elementi peculiari dell’offerta prodotto/territorio. Poniamo che la nostra città, senza mare, senza templi, senza mosaici, ma con moltissimi ricchezze di altro tipo, concentri le proprie “attività culturali” attorno alla sua stratificazione geologica, a partire dal gesso, un minerale che ha contrassegnato la produzione materiale (dai siti archeologici sino ai pozzi di campagna), quella artistica (si pensi alle opere di Frattallone e di Tripisciano), quella urbanistica, quella etnoantropologica (il Comune è proprietario di una calcara oggi inutilizzata e sconosciuta ai più). Poniamo che ogni sforzo venga compiuto, dalla ricerca di risorse europee per la salvaguardia della produzione delle malte tradizionali sino alle estemporanee di scultura, attorno ad un progetto d’area interna dal nome “Le vie del gesso”. Poniamo che tale programmazione venga perseguita da tutti gli enti in grado di programmare azioni politiche sul territorio, a prescindere dalle differenze di appartenenza politica e che si richieda a tutte le associazioni di “fare squadra” presentando progettualità e fornendo cooperative di servizi in qualche modo riconducibili al focus generale. Ecco: questo – a mio avviso – sarebbe fare cultura (dell’identità, della condivisione, della trasmissione), questo sarebbe costruire concretamente e unitariamente economia (della produzione, del restauro, dell’arte, dei musei, della gestione dei siti)».