Nel ventunesimo dell’assassinio di Michele Abbate, il ricordo di Giuseppe Dolce.
Riceviamo e pubblichiamo le considerazioni di Giuseppe Dolce in memoria del sindaco di Caltanissetta Michele Abbate, ucciso il 7 maggio del 1999:
«Si dice, ed è assolutamente vero, che ciascuno di noi ricorda cosa facesse in concomitanza di un evento particolarmente importante. Ricordo infatti perfettamente il giorno dell’assassinio per mano mafiosa dei compagni Pio La Torre e Rosario Di Salvo, così come ricordo esattamente la strage di via Fani ed il rapimento del Presidente Moro (mi trovavo a Roma e ricordo la tensione e lo sguardo attonito dei cittadini colpiti da quell’atto terroristico), così come l’11 settembre e potremmo ricordare tanti eventi scolpiti nella memoria, indelebili. Allo stesso modo, quel 7 maggio del 1999, nel pomeriggio, saranno state le 17.30, la telefonata di Tilde Falcone (allora collega di Giunta alla Provincia) che piangendo e concitata mi annunciava che avevano accoltellato il nostro Sindaco, Michele. La corsa in Ospedale, la corsia della Rianimazione, gli sguardi atterriti ed il pianto dirotto con cui i colleghi avevano tolto ogni residua speranza che non fosse vero, che Michele non ci fosse più.
Michele, che i nisseni hanno amato, lo chiamavano affettuosamente il sindaco in jeans, con il suo modo semplice ed immediato, con il suo naturale anticonformismo, semplice, disponibile, estroverso, vicino ai cittadini, sempre pronto con un sorriso o con un abbraccio a sdrammatizzare e ad attivarsi per risolvere i piccoli ed i grandi problemi, o almeno di tentare di rispondere con il suo impegno alle tante richieste che gli arrivavano ogni giorno.
Nella sua breve ed intensa azione amministrativa, i giornali ed i più diversi commentatori avevano parlato della Primavera Nissena, di un clima di speranza e di rinascita, dopo oltre mezzo secolo di amministrazioni incolori, se non proprio scandalose, come quelle che avevano caratterizzato il sacco edilizio, e con la corruzione politico-mafiosa avevano deturpato la città.
Michele oltre che un amico ed un compagno era per me un collega, molto vicino, con cui avevo instaurato un rapporto di proficua collaborazione. Era più giovane di quattro anni e quando dopo la laurea iniziò la sua attività di medico di famiglia, lo chiamai a sostituirmi ogni volta che ne avevo necessità. Fu così naturale che nel momento, era il 1990, in cui lasciai l’attività di medico di famiglia per dedicarmi alla Pediatria, quasi tutti i miei pazienti passassero a lui.
Qualche anno dopo, nel 1993, ci ritrovammo anche in politica, ed io, già consigliere provinciale, fui tra quelli che lo convinsero a presentarsi alle elezioni comunali e fu un grande successo. Nella lista di centro-sinistra “Patto per la città”, risultò il primo degli eletti e ricoprì la carica di Presidente del Consiglio comunale.
Alle elezioni successive, le comunali del 1997, in tanti pensammo a lui come candidato sindaco. Era molto riluttante, si preoccupava che questa nuova esperienza potesse intralciare la sua attività di medico, di padre ed i suoi tantissimi interessi, il teatro, il volontariato, la sua attività letteraria. Faticammo non poco a convincerlo e ricordo che sciolse le sue riserve proprio a casa mia, dove volle essere rassicurato che gli saremmo stati vicini, tutti quegli amici e compagni che lo avevamo pressato perché accettasse.
So che può sembrare banale ed anche esagerato ma, con la storia degli accadimenti successivi, ho sempre avuto un senso vago di colpa e di rammarico per essere stato tanto insistente, ma eravamo tutti convinti che avrebbe saputo assolvere a quell’impegno gravoso ma anche tanto appassionante.
Michele fu un grande Sindaco, ha lasciato un’impronta indelebile e se quella mano balorda non lo avesse colpito, avrebbe portato a termine i tantissimi progetti che aveva in mente e che aveva già elaborato con la collaborazione di una squadra assessoriale motivata ed appassionata!
Ed eravamo ancora insieme a Roma, quando decise di prendere la tessera dei Democratici di Sinistra. Era stato eletto con la lista dell’Ulivo, ed entrando nella sede dei DS, allora ancora in via delle Botteghe Oscure, fummo accolti da Walter Veltroni, segretario nazionale, che, venendoci incontro, felice per quella scelta, esclamò: «Sindaco, benvenuto a bordo!» Ironia del destino, toccò proprio a Veltroni la commemorazione al funerale di Michele Abbate, in un corso Umberto pieno fino all’inverosimile, con oltre diecimila cittadini in lacrime a salutare il loro Sindaco in jeans.
Per vent’anni abbiamo sempre ricordato Michele Abbate e la sua Primavera Nissena, ogni 7 maggio, davanti a quello che era il suo ambulatorio e che fu anche il luogo del suo tragico assassinio. Certo, con i se e con i ma non si può recriminare su quel destino che interruppe bruscamente una stagione di speranze e di grandi aspettative. Eravamo tutti convinti che se quella esperienza amministrativa e politica avesse continuato il suo corso, la storia di questa città sarebbe cambiata! Ma, come si diceva prima, con i se ed i ma non si può disegnare o modificare la storia ed oggi che una maledetta pandemia ci costringe a mancare la partecipazione al ventunesimo anniversario dalla scomparsa di Michele Abbate, il rimpianto è ancora più intenso. Così come l’amore e l’affetto della sua famiglia, di quei nipotini che non ha potuto tenere in braccio e crescere, dei tantissimi cittadini, amici e compagni che non dimenticheranno MICHELE ABBATE!»