«Parlate con chi è del mestiere»: l’appello di Cinzia Milazzo alle associazioni di categoria
Si avvicina il 4 maggio, data in cui dovrebbe partire la Fase 2 di allentamento del lockdown, ma ancora le incognite sono molte. Cosa succederà a bar, ristoranti, pub e luoghi di ritrovo, giudicate attività a rischio più elevato di altre? Si parla di una possibile riapertura a giugno, rispettando misure adeguate: distanziamento sociale al bancone e tra i tavoli, DPI, utilizzo di spazi all’aperto. Intanto, però, proprietari e dipendenti che lavorano in questo settore stanno affrontando una crisi senza precedenti e chiedono uno sforzo in più per salvare questo particolare pezzo del sistema produttivo. Per tastare il polso della situazione, abbiamo intervistato Cinzia Milazzo, titolare di “Curtiglio”.
Partiamo dall’inizio. Il tuo locale, Curtiglio, in quale categoria rientra? Vogliamo ricordare, anche per chi non vi conosce, cosa fate? Da quanto tempo hai aperto la tua attività?
«Curtiglio è un bar, panineria, insalateria, cocktail e frutta. Esistiamo da quasi cinque anni e siamo nati “dal nulla”, nel senso che nessuno dei miei familiari aveva un’attività commerciale precedente».
Mi racconti la situazione da quando il fermo per l’emergenza sanitaria vi ha imposto la chiusura?
«Ho deciso di chiudere la mia attività il pomeriggio precedente alla comunicazione ufficiale del presidente del Consiglio, perché la situazione era diventata difficile da gestire perché non si aveva ancora la reale percezione di ciò che stava accadendo, e far mantenere la distanza o il semplice non poter servire al bancone non era cosa semplice da far comprendere. Oggi credo che sia più semplice perché c’è più coscienza in questo senso».
Avevi merce da smaltire? Hai potuto riutilizzarla o hai dovuto buttare tutto? Avevi scadenze o/e fornitori da pagare? Sei riuscita a rispettare gli impegni presi?
«Purtroppo ho dovuto buttare tutto ciò che era commestibile e a scadenza, e il danno è stato chiaramente notevole. Erano beni già acquistati, pagati e non venduti, che dovrò ricomprare alla riapertura. Con i fornitori c’è un rapporto di grande fiducia. Non sono in linea con tutti i pagamenti ma l’aver dimostrato che, presto o tardi, il saldo lo hanno sempre avuto, credo che possa ancora giocare a mio favore. O almeno spero».
Posso chiederti perché non ti sei attrezzata per le consegne a domicilio?
«Non mi sono organizzata con la consegna a domicilio perché ho pensato che, comunque, un panino o un’insalata, alla fine è alla portata di tutti e credo che il gioco non sarebbe valso la candela. Appena un commerciante gira la chiave della porta della propria attività ha già un costo che deve ammortizzare. Non credo che ci sarebbero stati i margini. In più, non nascondo di avere avuto anche un po’ di paura nella gestione».
Andiamo oltre l’aspetto economico. Cosa ti manca di più del tuo lavoro?
«Quello che mi manca è la frenesia delle giornate, il contatto umano, i pensieri e anche le preoccupazioni quotidiane che invece, adesso, si sono trasformate in incognite a tempo indeterminato».
Hai fatto ricorso agli aiuti stanziati dal governo per far fronte all’emergenza sanitaria?
«Ho fatto richiesta della somma di 600 euro che ho già ricevuto ma che, chiaramente, non mi consente neanche di pagare l’affitto. Non ho mai chiesto aiuto a nessuno ma questa situazione è fuori da ogni prevedibile e più o meno gestibile evento».
Sei contenta dell’operato delle associazioni di categoria che rappresentano il tuo settore? Ad ogni modo, potresti spiegare il perché della tua risposta?
«Ancora non ci sono mosse chiare da parte delle associazioni di categoria, anche perché, al momento, c’è ancora molta confusione, per cui aspettare un po’ di chiarezza e muoversi di conseguenza credo sia la strada giusta».
Se potessi fare un appello alle istituzioni, a nome tuo e di altri che fanno il tuo stesso lavoro, in che modo consiglieresti di agire?
«L’appello che mi sento di fare è quello di interloquire con chi è del mestiere. Chi amministra, in genere, si muove in buona fede, ma la buona fede non basta. Bisogna conoscere i reali problemi di ogni categoria per muoversi nel migliore dei modi. Capisco che le tasse permettono il giro di denaro, ma è chiaro che, se io non guadagno, non ho il denaro per pagare le tasse e spostare i miei oneri non mi aiuterà di certo. Mi troverò soltanto sobbarcata da spese pregresse e future. E se consideriamo il fatto che la riapertura sarà incerta, abbiamo però la certezza che i nostri spazi lavorativi saranno dimezzati a causa dell’obbligo della distanza di sicurezza. Per cui, lavorerò la metà ma dovrò pagare il doppio.
Ogni categoria ha punti sensibili su cui è bene fare attenzione e muoversi nel migliore dei modi. Non è cosa semplice, ma nemmeno impossibile».