Sul “caso Palamara”, l’opinione del Circolo Libertà del PD nisseno
Riceviamo e pubblichiamo il comunicato stampa del segretario del Circolo Libertà del PD di Caltanissetta, Giancarlo La Rocca, sul “caso Palamara”:
«Nel 1985, Francesco Cossiga inizia a “picconare” il CSM. “Casus belli” fu la convocazione del Consiglio Superiore della Magistratura per censurare l’onorevole Bettino Craxi, reo di aver criticato i magistrati sul caso Tobagi. Il Presidente della Repubblica Italiana Cossiga, nonché Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, come recita l’art. 87 comma decimo e l’art. 104 comma secondo della Costituzione, imputava al CSM, organo di autogoverno della magistratura che ne garantisce autonomia e indipendenza dagli altri poteri dello Stato, di aver violato i propri compiti costituzionali in quanto, arrogandosi il compito giudicare la politica, si sveste dei suoi abiti di imparzialità per indossare quelli di parte. Lo scandalo “tangentopoli”, rappresentò l’atto di resa della politica, rimasta abbagliata dal carisma redentivo dell’azione giudiziaria, che delegò pieni poteri alla magistratura. La politica, ma forse il populismo, conferì una virtù dogmatica di probità ai magistrati. Tale riconoscimento di infallibilità ha pregiudicato il principio costituzionale di presunzione di innocenza, commutando l’indagine in una pena anticipata che neanche l’archiviazione riesce a compensare i danni all’immagine dell’indagato. D’altronde l’innocenza non fa spettacolo ma la presunta colpevolezza sì. Adesso il “traffico delle poltrone”, venuto fuori dal “caso Palamara”, ha procurato un disonore all’intero sistema della giustizia, difficilmente sanabile nel breve periodo. Pertanto urge, andare oltre il giusto sconcerto di Mattarella, affrontando un chiarimento politico-istituzionale che ridia serenità alla magistratura, affinché rimanga impermeabile alle pressioni politiche, al fine di restituire ai cittadini la certezza del diritto. Auspichiamo che questo governo attui l’improcrastinabile riforma del CSM, sulla necessità tutti concordano. Il sistema dell’autogoverno della magistratura è un cardine dell’ordinamento dello stato, non nell’interesse dei magistrati ma dell’intero sistema democratico basato sull’equilibrio dei tre poteri, legislativo, esecutivo e giudiziario. Occorre liberare l’opera del Consiglio dal potere delle correnti “depurando” i magistrati dalla politica. Una volta scelta la via politica il magistrato non deve, secondo il nostro punto di vista, rientrare nella magistratura. La meritocrazia deve essere il cardine fondante delle nomine del Consiglio escludendo arbitrarietà».