Un invito alla lettura di Sepúlveda. Riflessioni di Sonia Zaccaria
Riceviamo e pubblichiamo un intervento di Sonia Zaccaria, che invita alla lettura delle opere di Luis Sepúlveda, lo scrittore e intellettuale cileno morto quest’anno a causa del Covid-19. Sonia Zaccaria è docente di Filosofia e Storia e presidente del Comitato scientifico della rivista “Studi storici siciliani”:
<<Sogniamo che un altro mondo è possibile e realizzeremo quest’altro mondo possibile>> afferma Luis Sepúlveda, e la sua non è solo una dichiarazione d’intenti, ma lo sviluppo della sua vita.
Lo scrittore cileno ha infatti usato il suo talento di narratore per denunciare le iniquità del paese in cui è nato e che ha amato, ma più in generale per difendere i più deboli, i più fragili, gli emarginati di tutto il mondo. È un forte sentimento d’umanità quello che unisce le sue storie e le sue riflessioni sempre segnate da una convinta, appassionata partecipazione al destino dei vinti, dei dimenticati e delle vittime. Si tratta di quel filo rosso di collegamento della sofferenza umana che tiene legati la sua produzione culturale e i suoi sentimenti. Sepulveda socializza il suo sapere e lo offre a chi lo circonda, ricordando che la solidarietà e la condivisione della lotta possono fare la differenza nella storia. Egli ne è convinto e lo ribadisce << Ho imparato che, se c’è una coscienza forte, la lotta può essere vincente. La politica la fa anche ciascuno di noi, dal basso, con le proprie scelte quotidiane, per come e quanto può. Se c’è un’idea forte è possibile vincere anche contro la brutalità dei governi. Purtroppo non sempre nell’immediato>>.
Con queste parole sollecita la riflessione dei lettori, aprendo ad essi la prospettiva di una vittoria, anche quando sembra che tutto vada allo sfacelo. È necessario che ciascuno di noi faccia sempre la sua parte, il suo dovere, piccolo o grande che sia, perché <<solo sognando e restando fedeli ai sogni riusciremo a essere migliori, e se noi saremo migliori, sarà migliore il mondo>>. Sepulveda è visionario pur nella sua autenticità e porta i lettori dentro percorsi liberatori.
“Il vecchio che leggeva romanzi d’amore” è uno di questi. È il romanzo dove il protagonista ripercorre la sua vita, la fuga con la moglie, le mille peripezie che lo porteranno prima a vivere con gli indios e poi a dover fuggire anche da loro; fino alla scoperta di aver imparato a leggere, di avere scoperto che: << Sapeva leggere >> e quindi <<Possedeva l’antidoto contro il terribile veleno della vecchiaia>>.
Nella Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare porta il lettore nel mondo del possibile. E quando un uomo chiederà al gatto Zorba il senso della sua avventura, il gatto risponderà: «vola solo chi osa farlo». Ecco il senso della liberazione, la potenzialità dell’uomo che non si lascia limitare ed intrappolare nell’aspirazione alla felicità. L’obiettivo che Sepulveda spiega in una famosa intervista. La felicità << È un diritto umano >> e allo stesso modo in cui aveva egli stesso aveva combattuto per << l’idea di libertà>>, per non dimenticare di essere un uomo libero <<quando difendo il diritto alla felicità, lo faccio per non dimenticare che io sono stato e sono immensamente felice>>.
Sepulveda non è solo un poeta e un narratore, è soprattutto un combattente <<un guerriero con la grazia di poeta>>. Era questa la definizione che qualcuno aveva dato dell’esule cileno, costretto a lasciare il Cile, dopo aver combattuto la terribile dittatura di Pinochet. E risultava essere la verità per il suo impegno ad affrontare battaglie per i diritti umani e per la difesa dell’ambiente. Chi non ricorda le lotte a fianco di Greenpeace?
Luis Sepulveda ha fatto della propria vita un romanzo-avventura, un romanzo di guerra e di amore, di utopia politica e di viaggio: un viaggio infinito che durerà ancora grazie alla sua letteratura. Le sue favole destinate ai bambini hanno avuto un profondo valore anche per gli adulti. Sono diventate storie senza tempo, storie che spingono alla riflessione non disgiunta mai dal sorriso. Se oggi fosse ancora vivo e se qualcuno gli avesse chiesto se abbia mai smesso di sognare… probabilmente avrebbe risposto negativamente: senza tutti questi << se >> e senza alcun << ma >>.
Lo scrittore cileno, rimasto tale sebbene cittadino del mondo, è stato capace di far diventare la storia una vera magia, allo stesso modo della sua vita, diventata un romanzo d’amore. Luis e Carmen Yanez, uniti da un filo indissolubile che intreccia i loro destini, diventano la rappresentazione perfetta della forza dell’amore di fronte a qualsiasi ostacolo. Prima costretti all’esilio, poi separati per diversi anni e infine ricongiunti. Una storia d’amore che sembra uscita da un romanzo, proprio come recita una sua poesia, dal titolo << La mas bella historia di un amor>>. Anche la moglie Carmen era una poetessa.
Il suo vissuto è il filo conduttore della sua attività politica e della sua produzione letteraria. In Storie ribelli ripercorre gli anni più difficili della dittatura di Pinochet. Anni vissuti combattendo per la libertà contro la giunta militare. Nel 1973, dopo il colpo di Stato di Pinochet, era stato arrestato, torturato e imprigionato. Liberato dopo sette mesi grazie alle pressioni di Amnesty International, a causa del suo attivismo politico viene nuovamente arrestato e condannato all’ergastolo. Una mobilitazione civile riesce a far commutare la pena in otto anni d’esilio. Nel 1977 lasciò il Cile per andare in Svezia, dove il governo gli aveva concesso asilo politico, ma al primo scalo a Buenos Aires fuggì. Da lì iniziano le sue peripezie attraverso i paesi del Sudamerica fino a Quito, in Ecuador, da dove partì per una spedizione dell’Unesco per verificare l’impatto della cosiddetta <<civiltà>> sugli indios. Nel 1979 raggiunse le Brigate internazionali Simon Bolivar, che stavano combattendo in Nicaragua, e nel 1982 aderì a Greenpeace lavorando per qualche anno come membro di equipaggio su una delle navi ecologiste. Una volta terminato il periodo d’esilio, non tornò in Cile ma si stabilì in Europa, prima in Francia e poi in Spagna, dove visse dal 1996 fino al momento della scomparsa.
<<Viviamo una vita vertiginosa e la Memoria certo non si nutre di tutta questa velocità anzi, ne soffre. Senza la memoria non si può costruire né il presente né immaginare un futuro, ma solo una vacua bolla di sapone. È il passato coltivato con intensità la guida più sicura verso il buonsenso>>. Solo con queste sue stesse parole che testimoniano l’importanza della memoria, adesso che è morto, ci si può congedare da lui. Ricordandolo. Perché nella sua memoria e nel suo ricordo si può sentire meno il vuoto che ha lasciato, avendo insegnato ancora attraverso la sua tragica morte che << la vita si misura dall’intensità con cui si vive>>.